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giovedì 22 aprile 2010

da un vecchio Vox, 2010: La storia siamo noi. (mia pagina su Vox per 3 libri: Buonanno, Soriga, Antonelli)


La storia siamo noi. (mia pagina su Vox per 3 libri: Buonanno, Soriga, 


Antonelli)



pubblicata da Tamara Baris il giorno giovedì 22 aprile 2010 alle ore 10.25




La storia siamo noi, siamo noi che scriviamo le lettere,
siamo noi che abbiamo tutto da vincere, tutto da perdere.


Recensione scordata e dissonante: questa recensione un senso non ce l’ha.

Recensione che non ha senso perché in realtà non esiste, eppure c’è, perché è scritta o perché la si vuole spacciare per una recensione. Scordata nel senso di accordi che non funzionano, o funzionano male, dissonanti, appunto. Accordi dissonanti come quelli che seguono e concordanze a senso, come questa, un verbo al plurale con un nome collettivo:

E poi la gente / perché è la gente che fa la storia / quando si tratta di scegliere e di andare/
te la ritrovi tutta con gli occhi aperti / che sanno benissimo cosa fare.

O appunto, «il sintagma tante cose che» in Un senso, Vasco Rossi (2005) «viene [trattato] come se fosse un unico soggetto singolare». Fin qui potrebbe essere semplicemente un delirio, non fosse per le virgolette basse che dovrebbero far pensare a una citazione. Parole, parole, parole. Sì ma parole d’un volume edito dal Mulino di Giuseppe Antonelli, Ma cosa vuoi che sia una canzone. Mezzo secolo d’italiano cantato (titolo che è a sua volta una citazione). Torno a De Gregori: la Storia siamo noi. La storia siamo noi diventa addirittura un poema, citato in un romanzo che è in un certo senso un italiano cantato anche quello, un italiano pop di fine settecento che risente della lettura delle avventure di Casanova e delle smorfie di Johnny Depp dei pirati dei Caraibi, senza pirati e senza Caraibi: è l’italiano pop di Flavio Soriga e del suo Il cuore dei briganti. Sull’Isola di Hermosa, un’isola che non c’è ma potrebbe essere in qualsiasi luogo, isola in cui la Storia s’è fermata e la storia corre dietro i passi veloci della sintassi di Soriga e del protagonista. Il ritmo è veloce, la storia ha piani diversi, diverse voci: personaggi che formano un coro ben orchestrato che non parlano ma declamano. Storia pop tra dislocazioni e parole che delineano un’atmosfera precisa, declamazioni, movenze sintattiche della poesia primo novecentesca e turpiloquio da doppiaggio di film americano. Nella ricetta di Soriga ingredienti diversi e in questo pasticcio?

Dunque, questa recensione (che non è una recensione) è una scatola cinese (e contraffatta) e allora dal Cuore dei briganti si apre un’altra scatola e dal testo di Antonelli, passando per quello di Soriga approda in quello di Errico Buonanno. Il passaggio è semplice, è una strada banale, ricapitoliamo: capitolo venti del libro di Soriga, via De Gregori, dicevamo, la Storia siamo noi. Lo afferma il giovane Aurelio Maria Cabré di Rosacroce, protagonista del romanzo («La Storia siamo noi, ho letto una volta in un poema»), Rosacroce e delizia di questo folle meccanismo, d’un sottotesto comune a questi tre testi, di un legame arbitrario: quello scelto dal recensore (La storia siamo noi). Ma non è un’associazione, una concordanza a senso, è un’omonimia: Aurelio è Rosacroce, Rosacroce come gli ineffabili Rosacroce: invisibili, telepatici, ubiqui: un giorno d’agosto del 1623 arrivarono a Parigi tappezzandola di manifesti di questo tipo: «Noi, deputati del Collegio Principale dei Fratelli RosaCroce, stiamo facendo soggiorno visibile e invisibile in questa città per grazia dell’Altissimo, a cui si rivolgono i cuori dei giusti».

Il «soggiorno visibile e invisibile» credo dica abbastanza perché, in realtà, i Rosacroce e tanti altri fantomatici potentissimi gruppi, o credenze, o idee o documenti che popolano o hanno popolato la nostra Storia non sono stati altro che creazioni della mente dell’uomo, divenute reali perché semplicemente credute.

Leggere per credere, leggere Sarà vero. La menzogna al potere, falsi, sospetti e bufale che hanno fatto la storia di Errico Buonanno, Einaudi, 2009. Dimostrazione del fatto che realmente l’immaginazione è al potere, un sano e interessante manuale di resistenza al falso a uso del lettore comune. (Consigli per gli acquisti).

Ora posso dirvi che forse la coerenza sta a questo scritto come Ermete Trismegisto sta alla storia. Che però, dicevamo, siamo noi: la storia siamo noi: una concordanza a senso; siamo noi in un poema citato (in un romanzo cantato) che in realtà non è un poema ma una canzone: siamo noi perché siamo ciò che crediamo, crediamo in quello che creiamo. E allora il filo logico che lega le parti di questa recensione sono sì dei richiami, dei flash, dei lampi, delle note ma, in realtà: siamo solo noi. Siamo solo noi / quelli che muoiono presto / quelli che però è lo stesso/ … siamo solo noi / quelli che non han più rispetto per niente / neanche per la gente / siamo solo noi / quelli che ormai / non credono più a niente / e vi fregano sempre.

Il sottotesto comune a ogni testo che leggeremo: la nostra testa.

E mentre leggi che «ci sono casi poi, in cui la parola d’altri viene mimetizzata, creando una sorta di dialogicità implicita» (quello che accade proprio nei versi citati) tu, per un calco generazionale, un calco giovanilistico italiano della moltitudine inizi a canticchiarla quella canzone: si dilata la lettura e apre altri livelli, altre finestre, e la memoria ipertestuale annota fenomeni linguistici e sente risuonare il ritornello di Vasco che per un attimo ruba tutta l’attenzione. Ma cosa vuoi che sia una canzone. Una canzone è l’effetto di disturbo di ogni pagina del libro di Antonelli e allo stesso tempo l’elemento che desta l’attenzione, nella quarta di copertina si legge: «sarà dunque il lettore a ridare a quei versi il ritmo e l’intonazione giusta, facendo di questo libro uno spartito da sfogliare, da leggere, da consultare, ma sempre comunque canticchiando».

Le parole però stavolta contano, molto più della musica, ma cosa vuoi che sia un’emozione: quella suscitata dal motivetto, appunto, che ci torna in mente (mi ritorni in mente) mentre andiamo a leggere, consultare il saggio di Antonelli e quando le parole, parole, parole se la vedono con: grammatica, sintassi, lessico. Una citazione dal primo capitolo, questa: è tutta musica leggera ma la dobbiamo imparare. E questa recensioneTrismegistoascatolecinesi apre l’ultima scatola: c’è un biglietto, c’è scritto: è tutta linguistica leggera ma la dobbiamo imparare.

Insomma non sono solo canzonette, lettore.

E tornando al romanzo di Soriga prendiamo un’altra citazione (pop, pure quella): People have the power (e siamo solo noi) e chiudiamo allora con le parole di Buonanno:

«L’esistenza è fatta di parole, di idee e di balzi d’immaginazione. (…) i poeti e i narratori sono l’autentica sostanza del mondo: onesti, faziosi o visionari, loro è la firma (contraffatta) che resta in calce alla commedia».

Tamara Baris



Errico Buonanno, Sarà vero. La menzogna al potere, falsi, sospetti e bufale che hanno fatto la Storia, Einaudi. Stile libero Extra, 2009.

Giuseppe Antonelli, Ma cosa vuoi che sia una canzone, Mezzo secolo di italiano cantato, Il Mulino, 2010.

Flavio Soriga, Il cuore dei Briganti, Bompiani, 2010.