ripostiglio[ri-po-stì-glio] s.m. (pl. -gli) • Locale in cui si tengono gli oggetti d'uso domestico che non trovano collocazione altrove SIN sgabuzzino • sec. XIV
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mercoledì 4 luglio 2012
domenica 1 luglio 2012
Tu chiamale, se vuoi, interpunzioni.
«Siamo
costretti a rivelare che il punto e virgola ha dei nemici. In questo
mondo non c'è pace per nessuno. E quei nemici sono feroci a tal
segno che vorrebbero morto e sepolto il povero punto e virgola.
Quindi, se ciò accadesse, rimarrebbero nell'esercizio delle loro
funzioni solo il punto, i due punti e la virgola».
Così scriveva negli
anni Trenta del Novecento Zama. E oggi?
Posto
che ho sempre trovato molto divertenti gli atteggiamenti di chi vede
la questione lingua come una guerra e/o un campo di battaglia e/o un
cimitero e che sicuramente qualcuno leggendo i pensieri di Zama già
stava facendo ciondolare la testa e pensava: «ah,
sì, sì e vedessi oggi il punto e virgola come sta...»,
direi: (in un certo senso) la punteggiatura qualche nemico lo ha, ma
per fortuna ha anche qualche amico.
Pensiamo
per esempio al successo editoriale di cui gode dal 2003 il Prontuario
di punteggiatura
di Bice Mortara Garavelli – prestigio della studiosa e del suo
studio, certo – ma anche una necessità, per certi versi: richiesta
di regole precise, in una zona della lingua dal debole statuto
normativo, se è vero che non solo gli scriventi acerbi hanno
problemi interpuntivi.
Detta così sembrerebbe quasi una
malattia. In realtà, lo scarso dominio della punteggiatura ha a che
vedere col rapporto che si ha con la pagina scritta. Un rapporto
occasionale – spesso – non solo per persone lontane dalla
scrittura ma anche per chi dovrebbe frequentarla assiduamente.
Esperienza personale: non me ne
vogliano a male i miei colleghi, ma ricordo sempre con piacere uno
degli esercizi che ci venivano sottoposti al corso di Editing
informatico e cura del testo: una porzione di testo totalmente priva
di segni paragrafematici in cui, inutile dirlo, bisognava reinserire
tutto quello che mancava.
Ho visto cose che voi umani: ho
visto volti terrorizzati; ho visto gente che non sapeva dove mettere
le mani, o meglio: non sapeva dove mettere i punti, le virgole, il
punto e virgola.
E, magari, in qualcuno dei nostri
esercizi, il risultato finale sarà stato simile a quello dell'uso
interpuntivo di alcuni partecipanti a un concorso letterario che,
nelle loro composizioni, avevano trasformato la punteggiatura in «una
vaga disseminazione di virgole e di punti e di punti e virgole,
buttati a caso qua e là, dove vanno vanno, come capperi nella salsa
tartara»: è un'annotazione di Gadda: uno che sicuramente con la
scrittura ci sapeva fare, c'è poco da dire.
Tralasciando i capperi e la salsa
tartara, e per non rischiare di fare un minestrone, direi: ci
vorrebbe un saggio utile, il punto è questo: ci vorrebbe un saggio
utile che piaccia agli addetti ai lavori sì, ma che convinca anche
gli allergici alla punteggiatura.
Un saggio che aiuti a buttare i
capperi al posto giusto nella salsa tartara.
Dovrebbe
essere breve (perché magari chi ha bisogno di regole non ha tempo da
perdere, eh); non monotono (perché magari chi sente il dovere di
ribellarsi alle regole non ama che gli si dicano in un certo modo:
ah, io gli
accademici non li sopporto!);
con un taglio diverso, insomma, che convinca anche i più pigri.
Quel
saggio ora c'è: Questo
è il punto,
di Francesca Serafini, storica della lingua e sceneggiatrice, è
esattamente quello che serve ai malati di interpunzione (e non solo):
è breve; non è monotono ed è diverso da molte altre scritture dal
taglio saggistico-argomentativo perché è un saggio in cui, sin
dall'inizio, si manifesta in maniera chiara una cosa che di solito
viene tenuta nascosta in questi casi: il gusto dell'autore.
Perché se «i linguisti non
prescrivono mai», e «semmai descrivono», la Serafini descrive e –
anzi – volendo, narra. Una linguista che gioca a carte scoperte
sin dall'inizio e instaura col lettore un dialogo, evitando il
monologo del saggista, stando ben attenta a non lasciare solo il
lettore, a non escluderlo dalle sue pagine, anzi fa di tutto per
renderlo partecipe, come quando ammonisce i più frettolosi sulla
lettura dell'introduzione: non l'hai letta, lettore? Leggila. Scrive,
infatti: «se siete arrivati a questa pagina senza passare per
l'introduzione, non potete avere idea di quanto possa essere
sfacciatamente ambizioso questo libro», il malato di punteggiatura e
l'intollerante alle introduzioni dovrà, invece – in questo caso –
somministrarsi anche l'introduzione.
Sfacciatamente ambizioso, si
diceva. Già. E la sfacciataggine è dovuta proprio forse al fatto di
giocare a carte scoperte. Giocare a carte scoperte non è tutto, ma
forse è il 95% in questo saggio.
Così
esemplificare citando Urban
Chaos (videogioco);
Scrubs
(serie televisiva) accanto a Manganelli, Carver, Leopardi, Poe,
Sanguineti può dare un taglio diverso alla questione punteggiatura,
taglio che magari avvicina alla trattazione anche persone che se
esistesse una petizione contro l'abolizione del punto e virgola la
firmerebbero e anche in preda a crisi isteriche (ma che v'ha fatto,
poi, questo punto e virgola?). Perché di fronte ai fatti di lingua
partono in molti spesso incendiari e fieri e alla fine arrivano tutti
pompieri, come diceva più o meno quello.
Ecco: che arriviate incendiari, o
pompieri non è importante: l'importante è arrivare da qualche parte
e sapere come / cosa fare, senza ambiguità.
Magari dimenticando qualche
polverosa nozione, inesatta, che vi è rimasta in testa dalla vostra
esperienza scolastica, e ripassando velocemente le quattro funzioni
della punteggiatura: segmentatrice; sintattica; emotivo-intonativa;
funzione di commento o metalinguistica.
Dopo
aver ripassato le quattro funzioni, l'autrice fa «Il
punto della situazione»
fornendo una pratica «Guida
in forma di glossario»
organizzata in lemmi corredati dall'elenco delle funzioni principali
dei segni, e relativi esempi. Utile. E dopo aver fatto ordine, si
concentra su «Appunti di stile»: doveroso. Regole sì, e gusto
della scelta. Senza improvvisarsi Gadda, magari, se si è dei poveri
comuni mortali. Usare la punteggiatura, come si deve, perché è
– come scrive la Serafini – la cloche
della scrittura, è uno strumento sintattico, e se usata bene dà
soddisfazioni, se è vero che – citando Leopardi – «una
sola virgola ben messa dà luce a tutto il periodo»,
o ancora, come ricorda efficacemente la citazione di Isaak Babel sul
retro della copertina del libro: «non c'è ferro che possa
trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto
giusto».
Francesca Serafini, Questo è il punto. Istruzioni per l’uso della punteggiatura, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 137, 15 €.
Tamara Baris
PS Come vi dicevo, consigli di
lettura: volendo, seguendo il gusto personale della Serafini, se
proprio doveste sentirvi ancora allergici alla punteggiatura, per
evitare che possa comparirvi qualche malattia della pelle che magari
potrebbe manifestarsi con presenza di bolle a forma di punto e
virgola, potreste viaggiare sul secondo binario del saggio e segnare
una lista di letture per la prossima estate, per esempio:
- Tommaso Pincio, Cinacittà;
- Giorgio Manganelli, Nuovo commento;
- Giacomo Leopardi, Operette morali;
- Chuck Pahlaniuk, Soffocare;
- Michele Mari, Verderame;
- Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa.
Perché ho scelto questi e in
questo ordine tra i tanti citati in bibliografia? Gusto personale,
punto.
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