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domenica 1 luglio 2012

Tu chiamale, se vuoi, interpunzioni.

«Siamo costretti a rivelare che il punto e virgola ha dei nemici. In questo mondo non c'è pace per nessuno. E quei nemici sono feroci a tal segno che vorrebbero morto e sepolto il povero punto e virgola. Quindi, se ciò accadesse, rimarrebbero nell'esercizio delle loro funzioni solo il punto, i due punti e la virgola».
Così scriveva negli anni Trenta del Novecento Zama. E oggi?



Posto che ho sempre trovato molto divertenti gli atteggiamenti di chi vede la questione lingua come una guerra e/o un campo di battaglia e/o un cimitero e che sicuramente qualcuno leggendo i pensieri di Zama già stava facendo ciondolare la testa e pensava: «ah, sì, sì e vedessi oggi il punto e virgola come sta...», direi: (in un certo senso) la punteggiatura qualche nemico lo ha, ma per fortuna ha anche qualche amico.
Pensiamo per esempio al successo editoriale di cui gode dal 2003 il Prontuario di punteggiatura di Bice Mortara Garavelli – prestigio della studiosa e del suo studio, certo – ma anche una necessità, per certi versi: richiesta di regole precise, in una zona della lingua dal debole statuto normativo, se è vero che non solo gli scriventi acerbi hanno problemi interpuntivi.
Detta così sembrerebbe quasi una malattia. In realtà, lo scarso dominio della punteggiatura ha a che vedere col rapporto che si ha con la pagina scritta. Un rapporto occasionale – spesso – non solo per persone lontane dalla scrittura ma anche per chi dovrebbe frequentarla assiduamente.
Esperienza personale: non me ne vogliano a male i miei colleghi, ma ricordo sempre con piacere uno degli esercizi che ci venivano sottoposti al corso di Editing informatico e cura del testo: una porzione di testo totalmente priva di segni paragrafematici in cui, inutile dirlo, bisognava reinserire tutto quello che mancava.
Ho visto cose che voi umani: ho visto volti terrorizzati; ho visto gente che non sapeva dove mettere le mani, o meglio: non sapeva dove mettere i punti, le virgole, il punto e virgola.
E, magari, in qualcuno dei nostri esercizi, il risultato finale sarà stato simile a quello dell'uso interpuntivo di alcuni partecipanti a un concorso letterario che, nelle loro composizioni, avevano trasformato la punteggiatura in «una vaga disseminazione di virgole e di punti e di punti e virgole, buttati a caso qua e là, dove vanno vanno, come capperi nella salsa tartara»: è un'annotazione di Gadda: uno che sicuramente con la scrittura ci sapeva fare, c'è poco da dire.
Tralasciando i capperi e la salsa tartara, e per non rischiare di fare un minestrone, direi: ci vorrebbe un saggio utile, il punto è questo: ci vorrebbe un saggio utile che piaccia agli addetti ai lavori sì, ma che convinca anche gli allergici alla punteggiatura.
Un saggio che aiuti a buttare i capperi al posto giusto nella salsa tartara.
Dovrebbe essere breve (perché magari chi ha bisogno di regole non ha tempo da perdere, eh); non monotono (perché magari chi sente il dovere di ribellarsi alle regole non ama che gli si dicano in un certo modo: ah, io gli accademici non li sopporto!); con un taglio diverso, insomma, che convinca anche i più pigri.






Quel saggio ora c'è: Questo è il punto, di Francesca Serafini, storica della lingua e sceneggiatrice, è esattamente quello che serve ai malati di interpunzione (e non solo): è breve; non è monotono ed è diverso da molte altre scritture dal taglio saggistico-argomentativo perché è un saggio in cui, sin dall'inizio, si manifesta in maniera chiara una cosa che di solito viene tenuta nascosta in questi casi: il gusto dell'autore.
Perché se «i linguisti non prescrivono mai», e «semmai descrivono», la Serafini descrive e – anzi – volendo, narra. Una linguista che gioca a carte scoperte sin dall'inizio e instaura col lettore un dialogo, evitando il monologo del saggista, stando ben attenta a non lasciare solo il lettore, a non escluderlo dalle sue pagine, anzi fa di tutto per renderlo partecipe, come quando ammonisce i più frettolosi sulla lettura dell'introduzione: non l'hai letta, lettore? Leggila. Scrive, infatti: «se siete arrivati a questa pagina senza passare per l'introduzione, non potete avere idea di quanto possa essere sfacciatamente ambizioso questo libro», il malato di punteggiatura e l'intollerante alle introduzioni dovrà, invece – in questo caso – somministrarsi anche l'introduzione.
Sfacciatamente ambizioso, si diceva. Già. E la sfacciataggine è dovuta proprio forse al fatto di giocare a carte scoperte. Giocare a carte scoperte non è tutto, ma forse è il 95% in questo saggio.
Così esemplificare citando Urban Chaos (videogioco); Scrubs (serie televisiva) accanto a Manganelli, Carver, Leopardi, Poe, Sanguineti può dare un taglio diverso alla questione punteggiatura, taglio che magari avvicina alla trattazione anche persone che se esistesse una petizione contro l'abolizione del punto e virgola la firmerebbero e anche in preda a crisi isteriche (ma che v'ha fatto, poi, questo punto e virgola?). Perché di fronte ai fatti di lingua partono in molti spesso incendiari e fieri e alla fine arrivano tutti pompieri, come diceva più o meno quello.
Ecco: che arriviate incendiari, o pompieri non è importante: l'importante è arrivare da qualche parte e sapere come / cosa fare, senza ambiguità.
Magari dimenticando qualche polverosa nozione, inesatta, che vi è rimasta in testa dalla vostra esperienza scolastica, e ripassando velocemente le quattro funzioni della punteggiatura: segmentatrice; sintattica; emotivo-intonativa; funzione di commento o metalinguistica.
Dopo aver ripassato le quattro funzioni, l'autrice fa «Il punto della situazione» fornendo una pratica «Guida in forma di glossario» organizzata in lemmi corredati dall'elenco delle funzioni principali dei segni, e relativi esempi. Utile. E dopo aver fatto ordine, si concentra su «Appunti di stile»: doveroso. Regole sì, e gusto della scelta. Senza improvvisarsi Gadda, magari, se si è dei poveri comuni mortali. Usare la punteggiatura, come si deve, perché è – come scrive la Serafini – la cloche della scrittura, è uno strumento sintattico, e se usata bene dà soddisfazioni, se è vero che – citando Leopardi – «una sola virgola ben messa dà luce a tutto il periodo», o ancora, come ricorda efficacemente la citazione di Isaak Babel sul retro della copertina del libro: «non c'è ferro che possa trafiggere il cuore con più forza di un punto messo al posto giusto».
Francesca Serafini, Questo è il punto. Istruzioni per l’uso della punteggiatura, Laterza, Roma-Bari 2012, pp. 137, 15 €.




Tamara Baris


PS Come vi dicevo, consigli di lettura: volendo, seguendo il gusto personale della Serafini, se proprio doveste sentirvi ancora allergici alla punteggiatura, per evitare che possa comparirvi qualche malattia della pelle che magari potrebbe manifestarsi con presenza di bolle a forma di punto e virgola, potreste viaggiare sul secondo binario del saggio e segnare una lista di letture per la prossima estate, per esempio:
  • Tommaso Pincio, Cinacittà;
  • Giorgio Manganelli, Nuovo commento;
  • Giacomo Leopardi, Operette morali;
  • Chuck Pahlaniuk, Soffocare;
  • Michele Mari, Verderame;
  • Nicola Lagioia, Riportando tutto a casa.
Perché ho scelto questi e in questo ordine tra i tanti citati in bibliografia? Gusto personale, punto.