bibliotèca
s. f. [dal lat. bibliotheca, gr. βιβλιο- ϑήκη,
comp. di βιβλίον «libro» e ϑήκη «deposito»].
«Tardegardo
seguita a non alzarsi dal suo tavolo se non per il desinare, ed anche allor che
n’è lungi si capisce che la sua mente rimase in biblioteca, e che tutto il suo
spirto smania di ritornarvi. E’ studia con un tal trasporto, che quasi mi fa
paura».
-
Oggi
sono stato tutto il giorno in biblioteca …
-
Hai
studiato tantissimo, allora?
-
No,
non ho combinato niente: sono stato su Facebook.
«Un
eterno vento verbale soffia invisibile ovunque; non ci sono autori, e dunque
non età; come potrebbe lo ‘scrittore’ non essere ignaro di sé? Guardate: solo
libri anonimi affollano le biblioteche del mondo».
-
Ma
come funziona ‘sta biblioteca? Cioè, tutti questi libri: io, il mio, come lo
trovo?
«La
lettura di un libro può avere a che fare con un destino, o non può avervi a che
fare in alcun modo: queste sono le cose che né la scuola né il giornalista
‘colto’ possono sapere. Producete, producete cultura: è il vostro mestiere, e
soprattutto è il contrario della letteratura».
-
Devo
leggere ‘sto libro per l’esame, vedi?
-
Ah,
bellissimo!
-
Ahé!
Bellissimo?
«Una
civiltà letteraria non è fatta di letture, è fatta di riletture; forse
semplicemente una civiltà».
-
Sì,
ma che lo rileggo a fare? Io l’ho letto alle medie, eh! Che poi: di chi è?
Italo, chi?
«Chiunque
legga si trova di fronte alla inesauribilità della parola; la parola gli viene
incontro come suono, come significato immediato, come allusione, come parentela
con altre parole; una parola è chiara e insieme criptica».
-
Ma
quindi per l’esame io mi devo studiare tutti ‘sti numeri e lettere qua sotto? Ma
poi me li chiede?
-
In
che senso, scusa?
-
Questa
roba, dico.
Perle
sentite in biblioteca, mentre aspettavo volumi da prendere in prestito, e citazioni da libri che non presterei mai a
nessuno.
«La migliore definizione di patria è: biblioteca».
Elias Canetti, Auto da fé.
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